non so esattamente cosa serva per alzare quel dannato telefono.
forse fermarmi non è stata la cosa migliore da fare
e mi spaventa. ora mi spaventa.
dovevo saperlo.
mi confondo con le ombre di una stanza chiusa
proiettato in disegni notturni irrealizzati
riverbero la mia voce nei ritmi nostalgici di cui mi circondo.
ho bisogno di parole
o forse solo di ceffoni.
ho riaperto quella voragine
l’ho scoperchiata
è ancora lì, un pò sporca di luce.
qualche radice la nasconde ancora un pò
sembra sorreggerla e proteggermi incolume
ma la tentazione è quella di ripulirla,
strappare ogni forma di vita
custodirla nella sua aridità
profonda e pericolosa com’era una volta.
perchè, perchè questo bisogno di rintanarmi ora?
ora che alla ricerca di profondità avevo sostituito la voglia di lunghezza
invece di fermarmi e scavare scavare,
camminare avanti, oltre sempre, oltre tutto, avanti.
forse ho solo confuso me con la mia ombra.
e ho bisogno di sedermi a giocare con un filo d’erba
prima di capire dove soffia il vento
il mi o vento.